bdsm
La ricompensa
di dreamofthebluturtles
11.09.2020 |
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"“Troppe Signora” mi affrettai a rispondere..."
Dopo anni di dissolutezza, di ricerca continua di ogni tipo di piacere fatto a discapito della morale, di ogni regola della lealtà di coppia e della sincerità, anche nella mia mente contorta emerse un barlume di luce. Il guardarsi dietro e vedere quante donne usate per il proprio piacere manifestatosi in quasi tutte le forme erotiche e sessuali presentarono un conto.Questa forma di presa di coscienza si trasformò in un'idea che in una mente perversa come la mia non poteva non avere connotazioni anomale.
Scegliere una donna dominante, la più “cattiva” tra quelle che il circuito delle prodomme portasse alla attenzione dei fruitori di tali servizi e pagarla per restituire anche se solo una parte, sul mio corpo e sulla mia psiche i dolori e le sofferenze provocate alle donne incrociate nel mio percorso.
La ricerca non fu semplice, le indicazioni e i profili vanno sempre valutati con attenzione. Non tutte eseguono un campionario vasto di pratiche di dominazione e tortura. Molte alla prova dei fatti hanno dei limiti piuttosto marcati.
Alla fine della lunga ricerca e di non pochi contatti andati a male, mi imbattei in Mistress G. Una mistress molto nota a livello nazionale. La prima telefonata per prendere gli accordi dopo dei rapidi convenevoli prese le sembianze di un monologo. Io le spiegai la mia ricerca e la mia finalità. Le spiegai che i soldi non sarebbero stati un problema, le spiegai che le regole le avrebbe messe lei con la sola postilla che alla fine non avrei avuto bisogno del pronto soccorso.
Lei mi ascoltò a lungo totalmente in silenzio e solo alla fine mi disse la cifra. (Una cifra molto alta, che accettai senza fiatare). Precisò che: lei sarebbe venuta da me con delle garanzie a sua tutela che altresì accettai, per 4 ore sarei stato totalmente alla sua mercé fisicamente e psicologicamente, ci sarebbe stata un safeword, la parola: “revenge” ma a discrezione sua avrebbe potuto ignorare.
Il look in termini di abiti e calzature sarebbe stato ugualmente a sua discrezione e per quanto riguarda le attrezzature da utilizzare per le torture il fatto che l’incontro avvenisse in trasferta non era per lei penalizzante in quanto abituata e perfettamente capace ad utilizzare il suo corpo, quello della persona sottomessa e nel caso, poche e specifiche attrezzature per somministrare le sue punizioni.
Dopo dieci giorni arrivò la data dell’incontro, il quale si svolse nel pomeriggio inoltrato in una casa di campagna di cui ero proprietario assieme ai miei familiari e di cui avevo accuratamente custodito le chiavi esclusive per garantirmi e garantire la massima riservatezza.
Mistress G arrivò con un accompagnatore a cui avevo dato tutte le indicazioni negli ultimi contatti intercorsi per trovare posto e location. Dimenticavo di dirvi che lei era una delle mistress più belle sulla piazza, alta almeno 1,85 metri, curve notevoli, gambe forti e atletiche, una leggera inflessione romana nella parlata è una autorevolezza spiccata la rendevano dannatamente affascinante.
L’accordo era che tutto iniziasse dal momento in cui la donna avesse varcato l’uscio dell’abitazione. Non le andai incontro, la aspettai dentro casa. Ne osservai il look, molto curato e dal vivo risaltò ancor di più la sua notevole bellezza racchiusa in un linguaggio del corpo molto sicuro di sé stessa e autoritario.
La porta si aprì e gli sguardi si incrociarono. Il suo appena percettibile attraverso gli occhiali da sole fu per un attimo inquisitorio ma divenne immediatamente severo, il mio quasi d’istinto si abbassò. Il suo look era di una donna pronta per un meeting aziendale, rimasi con il dubbio se fosse questo il dress con il quale si sarebbe svolto il tutto oppure viceversa se si sarebbe cambiata.
L’incrocio durò lo spazio di alcuni secondi, ma non fu rotto da un saluto o da una parola, il suono secco di uno schiaffo portato al mio volto mi portò immediatamente a ciò che si stava avviando.
“Allora, voglio sentire dalla tua voce. Quante donne hai usato per i tuoi subdoli piaceri?”
La domanda fu accompagnata da una torsione dei capezzoli fatta con entrambe le mani. Un mio mugolio sordo venne interpretato come una mancata risposta.
“Rispondi maiale!”
E un altro potente schiaffo centrò il mio volto.
“Troppe Signora” mi affrettai a rispondere.
“Sei vago, non mi piace. Ed ogni tua risposta che non mi aggrada porta un pegno di dolore da sostenere”
Una ginocchiata centrò i miei testicoli facendomi piegare e scivolare in ginocchio in una smorfia di sofferenza.
“Sai? Mano mano che mi raccontavi al telefono mi è salito il disgusto, mi stai strapagando, ma te lo dico una volta sola, lo avrei fatto gratis alla fine”
La guardai negli occhi e non risposi nulla.
“Guardami bene, pensi che sia una delle tante donne che hai trattato come puttane? Io sarò il tuo incubo. Lo sarò ora e quando sarò uscita da quella porta. Non vedrai un centimetro delle mie curve, se non quelli che mi serviranno per farti male, per portarti angoscia e patimento.”
Mi afferrò per i capelli e mi schiaccio il volto al pavimento con forza. Per quanto mi fossi preparato a questo ero impietrito. Sentii un ginocchio premere pesantemente sulla schiena e un ordine perentorio: “togliti la maglia”.
Nonostante la posizione scomoda riuscii ad eseguire l’ordine. Dalla borsa tirò fuori un frustino, apparentemente piccolo da quello che con la coda dell’occhio riuscivo a vedere, fu un attimo e il primo colpo mi raggiunse le scapole, seguito da un secondo, un terzo, un quarto...chiusi gli occhi e strinsi i denti, la sua voce accompagnava il conteggio che a un certo punto nella mia testa si perse. Ricordo l’ultimo numero di cui ho memoria che fu 26, ma la tortura proseguì, lenta, metodica e inflessibile. Fin quando si fermò e perentoriamente mi disse: “alzati, guardati tra gli specchi.”
La schiena mi bruciava. Dall’alto verso il basso, ero consapevole di cosa avrei visto, ma la carta geografica di strisciate incrociate di un rosso, molto vicino al sanguigno, che la marcava mi fece impallidire.
Per orgoglio non fiatai e aspettai la prossima mossa, mi camminava intorno osservandomi, con uno sguardo che aveva molto del disprezzo.
“Togliti le scarpe, i pantaloni e sdraiati sul divano”.
Esitante e pensieroso su quella che sarebbe stata la sua prossima mossa persi alcuni secondi che mi costarono l’ennesimo schiaffo sul volto.
“Sei lento, esitante, non ti è consentito esserlo. Muoviti.”
Lo schiaffò mi destò e rapidamente mi tolsi anche le scarpe e i pantaloni, rimanendo solo in boxer. Mi sdraiai sul divano, cercando di carpire le sue intenzioni. Le sue mani sempre avvolte nei guanti, nel primo gesto di apparente delicatezza sfiorarono il bordo dei miei boxer scendendo verso l’interno coscia. Si fermarono un paio di secondi e con una lentezza estenuante si infilarono dentro, toccando con gli indici i miei testicoli.
Il suo sguardo si illuminò di una vena sadica vedendo come il suo tocco provocò una parziale erezione. I nostri sguardi si incrociarono e un istante dopo una stretta selvaggia mi tolse il fiato. Le sue dita piantate nello scroto, una presa ferrea, continua, il mio sussulto si trasformò rapidamente in mugolio e di lì a poco in lamento con il progressivo aumentare dell’intensità divenuta una morsa.
“Vediamo quanto resisti maiale. La safeword te la farò sputare dalla gola”
Fu una tortura estrema, che esternamente può quasi apparire erotica, ma da sottomesso ancora oggi la ricordo con riluttanza.
Iniziai a contorcermi dal dolore ma nulla cambiava in quanto mi era entrata con il suo corpo tra le cosce in una posizione di controllo assoluto.
“Ti prego” furono le mie uniche parole....parole inascoltate a cui seguì con la speranza di una liberazione: “revenge” ripetuto per tre volte.
Furono secondi interminabili quelli seguenti. La promessa/minaccia mantenuta e la safeword ignorata. Il suo sguardo fisso nel mio con un sorriso sadico impresso. “No no...ogni secondo pensa a chi ti sei scopato per puro sfizio e quante donne hai ingannato”. Uno, due, tre , quattro, cinque, sei.....finalmente lasciò la presa un secondo solo prima di colpirmi con violenza con le nocche, alla base dei testicoli.”
“uhhhh...” mi rannicchiai in posizione fetale mentre in lontananza mi echeggiava una risata compiaciuta”.
Ricordo di essere finito in uno stato di confusione. Il “trattamento” fu certamente peggiore negli effetti rispetto a quanto anche lontanamente immaginato in principio. Credo di essere rimasto sotto il suo sguardo per un po’ di tempo. Una sorta di timeout che mi consentì una lenta e parziale ripresa nel fisico.
Ricordo alcuni flash della sua voce irridente e delle sue risate di scherno. Nelle narici si infiltrò un odore acre, quello di una sigaretta, il lobo dell’orecchio scostato e poi...un bruciore che durò pochissimi, ma intensi secondi. Il mio corpo reagì d’istinto, la mia mente rimase parzialmente nel suo torpore.
“Se non sapessi tutta la tua storia mi faresti quasi tenerezza.” “Ma è tardi per la misericordia”
Non so se furono peggio gli abusi sul fisico o quelli sulla mente. Ancora oggi non ho sciolto tale dilemma.
Mi sentii girare in posizione prona avrei dovuto capire, ma ero ancora in parte stordito.
Non sentii la sua preparazione, il preservativo avvolto sopra l'oggetto che stava accingendosi a darmi la punizione definitiva.
Sentii solo un tocco gelido appoggiarsi nell'ingresso del mio ano. Ebbi un flebile sussulto. Troppo tardi.
Si scostò leggermente e spinse decisa. Io avevo ricevuto in precedenza le dita di alcune donne a stimolarmi la prostata, ma mai uno strapon per il quale a tutti gli effetti ero vergine.
La sua fatica nell'entrare equivalse per me ad un agghiacciante supplizio. Solo un velo di crema lubrificante sullo strapon, nulla nel mio culo.
“Dai non dirmi che ti fa male? Non dirmi che non sei mai entrato a secco nel culo di una delle tue donne?...prendilo tutto, maiale”
Istintivamente opposi resistenza all'ingresso del fallo irrigidendo i muscoli.
“Ti conviene rilassarti, perché è peggio, ed io entro lo stesso.”
Tutte parole sussurrate all'orecchio con una voce sottile. Una voce che ancora oggi non dimentico. Con non poca fatica entrò nel mio culo con il suo strapon, iniziò ritmicamente a sodomizzarmi.
Ogni spinta mi sentivo entrare nelle viscere, ora ero pienamente cosciente, riportato alla realtà dal suo selvaggio sadismo.
Le mie mani stringevano la coperta stesa sul divano come una disperata ricerca di aiuto, ma in realtà di aiuto non ne sarebbe arrivato.
Era un piatto che mi ero preparato e che dovevo assaporare fino in fondo.
“Questo è il ricordo che ti porterai di me”, sentii mormorare all'orecchio. Una scarica di spinte potenti mi fece alzare la testa verso l’alto, nessun gemito, solo uno scatto di orgoglio in un mare di sofferenza fisica.
La percepii sudare, se prima il tutto era stato somministrato quasi con misura e senza apparente sforzo, questo no. Se avessi potuto avrei immortalato l’immagine di Lei che letteralmente galoppava sul mio corpo entrando e uscendo dal sedere, ma non fu possibile. Ricordo che ad un certo punto si fermò di botto e stramazzai sfinito.
“Ogni volta che entrerai nel culo di una donna ricordati di oggi e tieni sempre presente che se tra dieci anni ci sarà bisogno, tornerò da te e questa volta non sarò delicata come oggi. Per adesso basta così.”
La vidi solo prendere i soldi infilati dentro la busta posata sopra un mobile della stanza e andarsene via per sempre...(forse).
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Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
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